- Ci presenti il suo libro.
Dopo il mio primo libro, “La Violenza Declinata”, nel quale si parla del sofferto tema della violenza sulle donne, argomento che ben conosco visto il mio attivismo in difesa delle donne, in questi anni con la mia associazione sono stata spesso a contatto con i studenti del liceo, lì ho capito che è fondamentale la prevenzione e dare esempi giusti ai ragazzi/e per far capire quanto sia importante amare prima di tutto se stessi, coltivare l’autostima il rispetto e l’indipendenza.
Da queste esperienze nasce “Legate da un sottile filo rosso” che è una comunicazione illuminata; anche questa opera pone particolare attenzione al mondo femminile.
È davvero importante far conoscere alle ragazze e ai ragazzi che il cammino verso la libertà e il rispetto di se stessi e degli altri, è stato ed è un cammino lungo, impegnativo e non scontato.
Infatti, “Legate da un sottile filo rosso” mette in evidenza il ruolo della donna e la sua sacralità, tracciando un excursus storico sulla violenza di genere. Le storie di queste donne non fanno altro che ricordare quanto il ruolo della donna contemporanea sia ancora agganciato a degli stereotipi storici. Vengono raccontate le storie di donne che ne sono sopravvissute, ma a che prezzo? Michela, Maria, Claudia, Rossella, Lorella e Sonia sono le testimoni di uomini violenti verbalmente e fisicamente. Ho voluto dare un volto a queste storie con i dipinti della pittrice Simona Battistelli. La prefazione è di Vittoriana Abate, giornalista di cronaca nera e inviata di Porta a Porta. Invece la postfazione è di Monica Brandiferri consigliera di parità della provincia di Teramo. Mi auguro che tutti leggano il mio libro per aprire finalmente gli occhi su vicende realmente accadute; infatti, l’excursus cronologico, che ci accompagna per tutto il libro, ci conferma del radicamento di questa considerazione al ruolo del maschile nella realtà delle coppie. Eppure, come scrivo nel libro, un sottile filo rosso lega ogni donna attraverso i secoli, i miti e le generazioni ad una storia diversa: quella in cui la donna era una creatura sacra. Tornare a dare alla donna la sua sacralità e il suo potere è l’augurio di questo libro che, arricchito dalle riflessioni di altre cinque donne impegnate nella vita, contro le ingiustizie e per il progresso di tutti e dalle immagini artistiche che animano ogni storia, si ripropone di accompagnare il lettore verso una nuova consapevolezza.
- Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.
Credo che la storia di Michela possa essere da esempio per tante donne e ragazze ma anche per gli uomini. Uno stralcio della storia di Michela (nome di fantasia). Michela è una cinquantenne di Milano dagli splendidi capelli neri che dopo 12 anni di soprusi da parte del compagno è riuscita a spezzare le catene della violenza. Michela pensava fosse l’uomo della sua vita, lui un uomo affascinante, un professionista conosciuto a Milano. “Si sbagliava”. Tutto è cominciato dalla violenza psicologica, lui mi sminuiva in ciò che facevo mi faceva sentire inadatta. Avrei voluto frequentare un corso di inglese (lui parla 4 lingue) ma mi diceva che tanto io non capivo niente, che ero ignorante. Forse anche per il fatto di essere cresciuta con una mamma molto severa, pensavo di essere io a continuare a sbagliare. Tutto questo non accadeva mai in pubblico, anzi agli occhi della gente, lui era l’uomo perfetto, ma intanto arrivati a casa ogni pretesto era buono per litigare e insultarmi. Nemmeno a Natale potevo contare su un po’ di felicità: mi ha picchiata, e rincorso per tutta casa, me ne ha date tante con tale violenza che sono svenuta.
Mi sono nascosta nel caldo e ovattato rifugio dell’oblio. La mia mente ha trovato questa via d’uscita. Svenivo e lui si fermava. Poi se ne andava sbattendo la porta. Quando tornava era come se non fosse successo nulla, mi diceva “ti amo, non lo farò più”. Lui era di nuovo l’uomo tranquillo e sorridente che tutti conoscevano, e io sono la moglie fortunata che tutti invidiavano. Guardavo il mio viso riflesso nello specchio, e mi chiedevo perché. Perché non lo fermavo, perché restavo con lui, perché non me ne andavo da questo inferno. Eppure, tornando indietro con la mente, tutto iniziò da quando eravamo fidanzati: mi colpì con uno schiaffo, un manrovescio che mi segnò il cuore e l’anima. Mi chiese subito scusa, pianse e poi fu tenero e premuroso. Coprii i segni con del fondotinta, e relegai l’episodio in una zona remota del cervello. Lentamente ha svuotato la mia vita di tutti i momenti di gioia: non voleva che uscissi con le amiche, non andavamo nemmeno più in vacanza perché tanto lui diceva di aver già girato il mondo, la sua gelosia non aveva limiti. Con il tempo, le offese sono diventate sempre più veementi, mi diceva che gli facevo schifo, è arrivato anche a sputarmi in faccia. Intanto, lentamente mi creava il vuoto intorno, fino a che un giorno mi ha colpita con un vassoio. Un colpo molto forte che ha spinto la pelle all’interno dell’occhio. Sono andata in ospedale dove mi hanno messo sei punti sotto l’occhio, ma non ho avuto il coraggio di raccontare quello che era accaduto, al medico ho detto di aver sbattuto contro la portiera della macchina. Da questo momento Michela è sprofondata nel buio. Ho iniziato ad aver paura, alle volte sembrava un leone in gabbia, io ero la sua preda e lui un predatore rabbioso! Prima di andare a dormire aspettavo di sentirlo russare per il timore che potesse succedermi qualcosa, non sapevo con chi parlare, mi vergognavo, pensavo che fosse colpa mia, ho iniziato a non volermi più bene e sono anche ingrassata. In casa non avevo più la mia libertà, vivevo con una sensazione d’angoscia provando un lieve sollievo solo quando ero sola, magari per andare a fare la spesa. Era come se ogni giorno stesse rosicchiando una parte di me, fino a diventare come di proprietà sua, non più di me stessa. Ho pensato più volte di andarmene di casa, poi un giorno ho deciso di scappare, ma lui mi ha aggredita, strappandomi le borse di mano. Un’altra volta mi sono trasferita da un’amica per un periodo, ma lui con l’inganno, dicendomi che aveva avuto un incidente, mi ha fatto tornare a casa. E ancora: mi ha fatto tante promesse, regalato delle rose, mi ha detto che sarebbe cambiato e sai com’è – mi dice sospirando – come molte donne avevo la speranza di riuscire a cambiarlo, ma purtroppo le persone così non cambiano. E infatti, un giorno mi ha afferrata per la gola, continuava a stringermi forte il collo, per fortuna sul divano c’era una macchina fotografica che avevo lasciato lì per fare delle foto ai miei nipotini, l’ho afferrata e l’ho colpito. In quel momento sono riuscita a liberarmi e me ne sono andata, quella volta per sempre. «Al pronto soccorso mi hanno dato 8 giorni di prognosi». Da quel giorno sono passati quattro anni e ancora oggi le ferite nel cuore di Michela non si sono rimarginate completamente. Restano i ricordi, l’amarezza di un sogno d’amore infranto.
Michela è riuscita a salvarsi grazie anche al sostegno psicologico di un’associazione.
Il messaggio che Michela vuole dare a tutte le donne vittime di compagni, mariti violenti è: Non abbiate paura, vi sembra magari di essere nel baratro, ma c’è ancora un’altra vita possibile per rinascere.
- C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?
Sì quando ho presentato il mio primo libro “La Violenza Declinata” a Roma a febbraio 2019, la sala era gremita, tutti aspettavano la presentazione ufficiale, io ero emozionantissima, l’editore Jean Luc Bertoni prende la parola e mi dice: “Cara Anna Silvia visto il successo di questo tuo primo libro inizia a scrivere il secondo”. Ed io mi sono messa subito all’opera.
- Cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2023?
È la prima volta che partecipo a Casa Sanremo Writers.
Dalla partecipazione a questo evento mi aspetto, innanzitutto, di fare esperienza, perché nella vita non si finisce mai d’imparare. Naturalmente sono contenta di far conoscere il mio lavoro ad un numero più ampio possibile di persone su un tema così delicato come la violenza sulle donne e di confrontarmi con interlocutori con cui condivido la stessa passione per la scrittura.