1. Ci presenti il suo libro.
Il libro “Fidarsi di ogni emozione” è un racconto autobiografico, che narra, appunto, di alcuni episodi significativi accaduti lungo il mio percorso di vita, tra cui uno in particolare che affonda le sue radici nel sacro, nella Fede che un uomo è in grado di manifestare nei confronti di qualcosa che è impercettibile, eppure essenziale alla sua anima.
All’interno di questo scritto è racchiusa non soltanto la tematica della Fede in Cristo, ma viene descritto il fenomeno del bullismo, di cui io sono stato vittima in età adolescenziale.
Dunque, per quanto la morale di questo racconto possa apparire come qualcosa di soggettivo, incentrato sulla mia persona, il messaggio, che vuole destinare a tutti, è universale: bisogna accettare la propria sensibilità e considerare le nostre emozioni come la risorsa che ci rende davvero capaci di apprezzare la vita, soprattutto nei momenti di sofferenza.
2. Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.
Dovrebbero essere i lettori a scegliere le parti significative della mia Opera. Però posso dire che la stesura dell’epilogo è stato il momento in cui mi sono commosso io stesso, dunque riporto uno stralcio a esso corrispondente:
“Vedi, Andrea, io sogno un mondo dove non dobbiamo più sentirci colpevoli per quello che siamo, o che non siamo.
Gesù Cristo ci ha insegnato che siamo peccatori fin dalla
nascita, se è così, perché ci sentiamo in diritto di giudicare, condannare, criticare chi ci sta intorno? Dovremmo imparare a tendere l’orecchio all’altro, ascoltarlo, e limitarci ad annuire. Tutti sbagliamo, ci sono sbagli più gravi di altri, è vero, ma chi ci sta intorno non ha comunque il diritto di farci sentire inadeguati.
Le persone non sono degli errori. Le persone non sono i loro errori. Ma soprattutto, chi può decretare cosa sia sbagliato?
Pensiamo che per essere felici dobbiamo omologarci; sottostare alle mode, agli stereotipi odierni; possedere gli oggetti più in voga; imitare le gesta delle persone famose, persino i
loro modi di pensare, e di stare al mondo, ignorando che la vera bellezza risiede nella diversità.
Cosa importa se una persona abbia i capelli biondi e l’altra li abbia rossi; che un ragazzo sia nato in una famiglia benestante e un altro in una famiglia umile; cosa importa se il mio amico sia un assassino o un predicatore; cosa importa se io sono grasso e mio cugino è magro; cosa importa se la figlia del mio collega abbia un problema di salute e la mia no?
Rendiamo felici gli altri quando li lasciamo veramente liberi di essere ciò che sono.
Ciò a cui dovremmo dare importanza è la dose di sensibilità che abbiamo nell’anima, perché solo grazie a quella diventiamo capaci di far star bene noi stessi e gli altri”.
3. C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?
A dire il vero, avevo iniziato la stesura di questo libro molti anni fa, poi, a causa del lavoro e della nascita di mia figlia, non riuscii più a portarlo a termine. Decisi di distruggere le poche pagine che avevo accumulato su un quaderno, credendo che forse non sarei mai riuscito a ultimare un lavoro così impegnativo.
Durante il lockdown, complice la quantità di tempo che avevo a disposizione, mi dedicai nuovamente alla scrittura, un po’ come passatempo.
Concluso quel periodo, ebbi di nuovo la tentazione di smettere; fu mia figlia a invogliarmi, giorno dopo giorno, ossessionata dal progetto, e al tempo stesso, felice che io potessi produrre qualcosa del genere. Poi il resto del percorso l’ho compiuto egregiamente solo per merito della mia agente letteraria, alla quale sarò sempre grato.
4. Cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2023?
Ricordo che l’estate scorsa tornai a casa dicendo a mia moglie: “Preparati, a Febbraio andiamo a Sanremo”.
Sulle prime credette si trattasse di uno scherzo, poi le rivelai che il mio libro era stato selezionato per la vetrina letteraria di casa Sanremo Writers; si commosse, congratulandosi con me, quasi fosse stata una mia fan. Anche io stento a credere ancora a tutto ciò. È un’emozione indescrivibile sapere che il mio umile libro, nato come un gioco, ora affronta un contesto del genere, a due passi dal teatro di fama mondiale. A pensarci mi tremano le gambe. Mi sento davvero orgoglioso di questo percorso.