Autore: Daniele Ossola
Opera: IDENTITA’ IN CONFLITTO – Africa e dintorni
Ci presenti il suo libro.
Le vicende narrate in questo romanzo abbracciano un arco temporale che va dagli anni ’40 agli anni’80 del secolo scorso, tra Gran Bretagna, Nigeria, Rhodesia, Sud Africa, Italia e Grecia. Vengono trattate vicissitudini familiari in contesti politico-sociali in evoluzione con identità individuali e nazionali spesso in conflitto in quanto connesse a situazioni di instabilità.
Queste situazioni sono frutto di esperienze personali sia mie sia di amici legate a conoscenze dirette di fatti realmente accaduti. Naturalmente, pur traendo spunto da verità storiche, il tutto è stato “romanzato”. Ci sono vari protagonisti tra i quali spiccano Gjean O’Malley, un’esponente un po’ snob delle agiate famiglie di Lord britannici, nonché madre di Jerome e Danae che vediamo crescere dai 7 agli oltre 20 anni in Rhodesia. Gjean è sposata con Nestor Manos un ufficiale della marina greca dal passato burrascoso (agente dei servizi segreti operante in Europa e Africa) e dal presente in ombra. C’è poi Betty, l’amica d’infanzia di Gjean, con la quale ha condiviso gli agi della pubertà e dell’adolescenza compresi gli studi universitari a Manchester prima dell’avventura africana in Nigeria. Tutti i protagonisti, inclusa Claire, l’amore adolescenziale di Jerome, vivono in perenne conflitto tra desideri inappagati intrappolati nei dubbi della quotidianità e nelle diverse realtà che li soverchiano, contro le quali emerge la loro impossibilità nel poterle modificare. Il tutto mentre in numerosi Stati africani è in atto un processo di decolonizzazione, con l’apartheid che caratterizza il Sud Africa.
Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.
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Mentre iniziavamo a sistemare gli scarsi indumenti che avevamo nelle varie sacche, mio padre iniziò: “Vedi Jerome, come tu e tua sorella avrete intuito, il mio rapporto con Gjean si è col tempo deteriorato. Devo ammettere, col senno di poi, di aver sbagliato, che abbiamo preso un abbaglio perché anche la mamma era consenziente nel voler cambiare completamente il nostro stile di vita. Volevamo conquistare l’Africa ma l’Africa ci ha annientato, distrutto, sconfitto, uscendo vincitrice da questa impari guerra che dura ormai da quindici anni.”
“Ma alla Golden Farm mi sembra che le cose vadano decisamente meglio rispetto a Lilongwe.” Replicai.
“Questo è vero. Dal punto di vista economico sto recuperando le perdite causate dalla gestione fallimentare nel Nyasaland ma quello che è irrecuperabile è il rapporto con tua madre, viste anche le mie lunghe assenze per lavoro. Dopo il deludente esito delle serate culturali a Lilongwe, tua madre ha iniziato a chiudersi in se stessa tanto che a Lusaka non è riuscita a inserirsi in alcun gruppo intellettuale di matrice anglosassone.”
“C’è da capire se non è stata in grado o non ha voluto perché spesso alla Golden Farm, quando sono a casa, mi capita di vederla dipingere o, seduta sotto il portico, indugiare con lo sguardo sull’orizzonte oppure parlare con i fiori.” Puntualizzai.
“Sicuramente non è più la Gjean di quindici anni fa. Per questo motivo sto convincendo la mamma a vendere tutto, separarci senza traumi in modo che ciascuno possa ritornare alle proprie origini: io ad Atene e mamma a Manchester. Ovviamente questo distacco avverrà solo quando tu e Danae avrete terminato gli studi universitari. Penso che entro due anni, pianificando le varie attività potremo lasciare questa terra che, oltretutto, inizia a diventare pericolosa, causa le scorrerie delle varie bande locali. Tieni presente che se vorrai venire in Grecia avrai il posto assicurato nel consiglio di amministrazione della Manos Shipping Company, potrai abitare in un appartamento al Pireo così sarai più vicino agli uffici e ci godremo la casa a Naxos per il tempo che vorremo. Ah, dimenticavo di dirti. È da nove anni che non lavoro più nei servizi speciali perché la struttura è stata smantellata con la presa del potere dei Colonnelli nel ‘67. Sono anni che riesco a godermi la libertà, quella cosa semplice e frugale che genera felicità: un bicchiere di vino, una castagna arrosto, una braciola malconcia, il rumore o, se vuoi, il suono del mare. Nient’altro. Ecco perché quando ci siamo visti a Naxos con Claire ero in uniforme. Lavoro in Accademia e sono azionista titolare della MSC. Quando sarà il momento, ti farò incontrare uno dei soci. Ci conosciamo da quando avevamo sedici anni. Avrà molte cose da raccontarti. Ricordati il nome: Varsos Yoanidis.”
Era la prima volta che Nestor Manos parlava in modo così esplicito, senza fronzoli o metafore, al proprio figlio. Una via di mezzo tra la confidenza familiare e una comunicazione istituzionale.
C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?
Ho voluto far emergere il contrasto tra sogni e realtà. Il tutto è partito dalla mia voglia di raccontare il fenomeno dell’apartheid in Sud Africa dopo una scioccante esperienza lavorativa a Johannesburg nei primi anni ’70 dove, nel tempo libero, girovagavo per le vie del centro, alla Victoria Station e, rigorosamente in taxi, a Soweto. Le insegne davanti ai negozi e nei pressi dei servizi pubblici che scombussolarono la mia sensibilità furono: «WHITES ONLY», «WHITE AREA», «EUROPEANS ONLY», «FOR USE BY WHITE PERSONS», per non parlare del cartello stradale di accesso a un bantustan «CAUTION BEWARE OF NATIVES». Mi capitò anche di passare davanti alla sede di una nota azienda italiana del gruppo ENI, dove notai un giovane distinto, in giacca e cravatta, urlare e prendere a calci nel sedere un nero, magrissimo e brizzolato, perché non gli aveva lavato a dovere la sua auto. Per notizie particolari mi sono anche avvalso della collaborazione di una coppia di amici, Damiana e Carlo, che lavorano presso l’ambasciata italiana a Lusaka, in Zambia, e di Alexandra che ha vissuto tra Nigeria, Grecia e Italia.
Il romanzo inizia con la volontà, da parte di un gruppetto di amici neo laureati inglesi, al termine della Seconda guerra mondiale, di voler esportare la loro cultura in Africa durante il processo di decolonizzazione.
Che cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2024?
Ascoltare, discutere, confrontarmi con altri autori, ampliare i miei contatti e acquisire maggior visibilità in quanto ritengo il contesto sanremere un potente veicolo d’immagine per ciascun partecipante.
Gli Stati africani sono una polveriera, frutto di colonizzazione e di un successivo processo di decolonizzazione che è davanti agli occhi di tutti.
Mi auguro che questo romanzo possa essere un pretesto per analizzare, ovviamente con specialisti, i vari comportamenti umani in questi ultimi sessant’anni.