1. Ci presenti il suo libro.
All you can dream, recitava il motto dell’app con cui Miky si era casualmente trovato ad interagire. Tutto ciò che puoi desiderare, nei soli limiti del proprio portafoglio e dell’etica personale. Il suo portafoglio era ben fornito, dato che durante la pandemia si era cimentato in un importante torneo di poker on-line, vincendolo. Per quanto riguarda l’etica, i suoi limiti erano semplicemente giusti, come qualsiasi essere umano ritiene di se stesso e del suo pensiero; non importa poi che alcuni servizi, di cui il ragazzo non ebbe nemmeno curiosità di approfondire, venissero comunque offerti in quell’app; nemmeno gli solleticò l’idea che tali servizi, in quanto offerti, trovassero domanda attiva. Non lo riguardava. E non ci riguarda, per gran parte di noi almeno, ma, se guardiamo bene, questa possibilità già esiste e viene offerta ad una platea di acquirenti sempre maggiore. Tramite il dark web, infatti, è possibile procurarsi qualsiasi cosa, senza nemmeno possedere conoscenze tecniche così avanzate, e ciò che lo permette è l’anonimato. In quale misura, dunque, è giusto sacrificare la nostra privacy? Il web nasce anonimo, la tracciabilità è una sovrastruttura che, per natura stessa del mezzo, è raggirabile.
Di questo vorrebbe parlare il libro, ovviamente in chiave romanzata, in cui non si trova un giudizio univoco, ma diverse opinioni, talvolta divergenti, dettate dal pensiero e dal ruolo dei personaggi, nella misura della loro giusta etica, con cui si può essere d’accordo o meno. Se ci pensiamo è la forma di società a cui stiamo rapidamente andando incontro: il liberismo nella sua massima espressione attuabile, dove i limiti sono dettati da ogni singolo appartenente al sistema, e non c’è modo di ovviare a questo. Il mezzo di per sé non è colpevole, e, anche se venisse smantellato, prenderebbe corpo in altro modo: di esempi in tal senso è piena la storia. Personalmente ritengo che l’unico modo per limitare quelle che talvolta sono delle vere aberrazioni sia agire sulla consapevolezza dei singoli, riuscire a infondere una maturità tale che possa meritarsi il grado di libertà a cui tutti noi aspiriamo e che tuttora, solo leggendo di sfuggita i quotidiani, sembra mancare. Sarà chiaro fin da subito che è una mancanza presente anche nel nostro sconsiderato protagonista, che nell’imbattersi in quell’app si prodigò nell’organizzazione di un evento in cui, diversamente, non si sarebbe mai cimentato.
2. Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.
Ma l’ansia, quella non si poteva comandare, ed era da quando Calzecorte lo aveva rinchiuso nel suo antro, sbattendo con violenza la porta, che non aveva fatto che aumentare. Era come se, con quell’atto, Rosy lo avesse isolato dal resto del mondo, quasi avesse posto un sigillo incantato direttamente sulla serratura o, per meglio dire, una maledizione, certo, quella cosa da streghe e ora, impossibilitato a muoversi, non faceva che controllare, senza più essere uscito da lì, controllare di continuo.
E così ogni azione che aveva svolto in quei giorni sembrava preda di un inguaribile singhiozzo, fra guardare il telefono e fare qualsiasi cosa, per breve, brevissimo tempo, e poi tornare a controllare il telefono.
Aveva mangiato, con regolarità, non d’orario, certo: non ricordava nemmeno quando l’avesse fatto l’ultima volta e cosa avesse mangiato, ma all’occorrenza preparava qualcosa; e aveva lavato i piatti, cosa che detestava fare, asciugandosi le mani di continuo, per prendere il telefono e controllare, mettendoci più del doppio del tempo. E poi aveva messo ordine in giro, raddrizzando i mobili che erano andati a disallinearsi nell’ultimo suo rocambolesco malore; aveva raccolto gli stracci sparsi un po’ ovunque, che ora stavano ammucchiati a ridosso della lavatrice, rimasta spenta per tutto il tempo: nello stendino non vi era ancora abbastanza spazio per accogliere una nuova infornata di generico tessuto da addobbo per passerella in esterno, tanto più che in esterno non aveva molte ragioni per cui andarci.
Controllò il telefono, questa volta sicuro di aver sentito il fragore di un fulmine squarciare il silenzio alienante di quella stanza. Ancora una volta si rivelò un cruccio inutile.
3. C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?
Sapendo della mia propensione alla scrittura, un giorno una mia amica mi girò il link con il bando del concorso “Il funerale che vorrei “di Argentodorato Editore, sfidandomi ad iscrivermi. La cosa fu piuttosto bonaria in realtà, e suscitò un bel po’ di ilarità nei giorni a seguire, ma devo dire che non smettevo di pensarci. Cosa potrei scrivere a proposito non di un funerale qualsiasi, ma del mio di funerale? La svolta fu quando affrontai l’argomento in chiave meno personale, perché ancora adesso non saprei cosa scrivere a proposito del mio funerale: è una cosa che in fin dei conti non mi riguarda. Quel concorso invece sentivo di poterlo affrontare; mi presi del tempo, e quando fui sicuro di avere una storia, o quasi, mi iscrissi, perché lo feci nell’ultimo giorno utile; così andò tutto lo svolgimento del lavoro nei tre mesi successivi, sempre in ritardo sui tempi, sempre però entro il limite stabilito dal concorso. Anzi ricordo ora che dovetti prendermi del tempo per limare qua e là il testo e rimanere entro il massimale delle cartelle previste. Un lavoro antipatico, ma utile, devo ammetterlo, poiché evita digressioni talvolta superflue, a cui però faccio sempre fatica nel rinunciarvi.
4. Cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2023?
Una bella serata, incontri interessanti, e, perché no, anche proficui.
Capire un po’ di più le dinamiche del dietro le quinte, le persone che ci lavorano, i tempi necessari per una produzione di un certo livello.
Visibilità, certamente, essere lì però sarà già un privilegio.
Bortolaso Gianni.