- Ci presenti il suo libro
Storie di clown di corsia è il diario di bordo dei volontari dell’associazione “Nasi Rossi Clown Therapy” e dei loro servizi ospedalieri. È il libro- testimonianza dei singoli volontari “nasi rossi” che raccontano, in maniera diretta, il loro vissuto in corsia e ci fanno toccare con mano la bellezza del dono che si fa luce attraverso la relazione di cura. È un libro dove la parola, che si fa racconto, diventa la carne, il sangue, gli occhi, la voce e le mani degli ammalati incontrati nelle corsie ospedaliere. Un libro dove il dolore, che i volontari incrociano durante i loro servizi, non viene “spettacolarizzato” o “amplificato”, ma trattato con gentilezza, in punta di piedi, nel rispetto delle storie di chi affronta la malattia, con tutte le sue implicazioni umane e psicologiche.
- Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.
Tutte le storie contenute nel libro sono significative e a forte contenuto emozionale, però, se dovessi scegliere quella che più rappresenta il nostro mondo, citerei il racconto del clown Poesia -“Quando ho scoperto di essere clown”- , un racconto di una semplicità e purezza d’animo che ti fa comprendere la bellezza e la meraviglia di una giovanissima ragazza che scopre improvvisamente di essere un clown.
“Quando ho scoperto di essere un clown , ho salito piano le scale e mi sono ritrovata di fronte al cartello Pediatria, e, anche se ci fosse stato scritto Meraviglia, non sarebbe cambiato molto. Tutto il grigiore, la pioggia, il fango di quella mattina, che quasi erano la rappresentazione di una me distante, assente, forse cinica, sparirono in tanti piccoli occhi, accompagnati da sorrisi curiosi e sorpresi. Mi è stato detto “hai il naso rosso”, ed è così che mi sono scoperta clown”.
- C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?
Questo libro è nato dalla determinazione di tutta l’Associazione “Nasi Rossi Clown Therapy” di diffondere la clown terapia e la bellezza della relazione di cura, non solo come “valore solidale”, ma anche quale “pratica terapeutica”. I racconti personali dei volontari sicuramente hanno aiutato a comprendere la fatica dell’impegno del volontariato ma anche la bellezza della prossimità, che costruisce nuovi legami e relazioni sociali improntante non al profitto ma alla gratuità del dono.
4. Cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2023?
Non ci aspettiamo sconvolgimenti, vogliamo semplicemente amplificare il “seme del bene” che ogni giorno cerchiamo di spargere con amore in ogni servizio che facciamo. Seminare nel mondo “fiori” di bene, soprattutto in questo periodo dove la guerra, la violenza, la miseria, l’ingiustizia sembrano prevalere: riteniamo che sia un atto di coraggio che va coltivato, perché non possiamo accettare che il mondo, con la sua infinita bellezza, venga travolto dal cinismo, dall’egoismo e dall’indifferenza. Vogliamo essere, nel nostro piccolo, operatori di pace e di gentilezza.