Autore: Maria Laura Amendola
Opera: “Una donna fragile” – Guida Editori – 2021
Ci presenti il suo libro.
Riscoprire la fragilità dentro se stessi comporta un lungo percorso di maturazione, perfino doloroso, a contatto con l’intimità e le relazioni più profonde. “Una donna fragile” indaga questo percorso attraverso la poesia, grazie al duplice strumento dell’ispirazione e dell’atto creativo. E lo fa attraversando le tappe del desiderio, dell’impossibilità dell’amore e di tutto ciò che la fine di un amore determina, della depressione, la malattia, la morte, le figure genitoriali. La società, da sempre, considera la fragilità una “caratteristica” prettamente femminile, in virtù della protezione, difesa e, conseguentemente, del possesso che gli uomini hanno il “compito” di esercitare sulle donne. Tuttavia, la fragilità non ha una connotazione di genere. Non ci rende deboli o vulnerabili, semplicemente umani perché è, invece, connotazione della vita stessa. Questo senso dell’opera è amplificato dalla copertina disegnata dall’artista Yele, con il suo tratto che spazia dal graffito all’illustrazione.
Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.
Sicuramente “Numero 0”, il luogo in cui sono racchiusi i pensieri, ordinati in flussi, anarchici, che non subiscono ordini né meccaniche, che corrono lenti. Uno stralcio significativo per me è questo, in relazione all’urgenza – che ho avvertito – della scrittura: “Capii che era arrivato il momento perché leggevo in quelle vite fissate per sempre nella storia un intoppo. In ognuna di quelle. Tutte, ogni benedetta nostra vita arriva a un punto di intoppo, che sia tardivo o prematuro.
Certo, non era la prima volta che lasciavo scorrere le parole su un foglio. Lo avevo fatto per necessità, presa dal bisogno impellente di dare una forma ai pensieri che mi affollavano la mente. Lo avevo fatto per fissare nelle lettere immagini, situazioni vissute, che in qualche modo mi avevano trasmesso un senso di poeticità. Lo avevo fatto per un uomo, o forse qualcuno in più, per descrivere e imprimere momenti della mia/nostra vita. Lo avevo fatto semplicemente perché quelle andavano via da sè, come se mi scorressero nelle vene, nel sangue, con urgenza, e scivolassero poi sulla carta bianca.
Lo facevo perché, dopo più o meno vent’anni trascorsi tra i libri, volevo dire la mia sulla vita, sull’amore, sulla poesia, sulla letteratura.
Volevo imporre al mondo la mia esistenza.”
C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?
In realtà no. L’idea è nata durante il lockdown: ho raccolto una serie di pensieri sparsi che avevo buttato giù nel tempo, trovando loro una forma, legandoli per costruire una narrazione. Lo spartiacque è stato il mio attivismo sociale, bruscamente interrotto, che mi aveva portata ad avere un enorme controllo su tutte le situazioni che attraversavo, trascinandomi verso il ruolo di una donna forte, invincibile, che non si lascia scalfire. È un atteggiamento che ho imparato a decostruire, lasciando invece emergere il mio lato intimista, il mio bisogno di introspezione, la mia fragilità – appunto – che è al centro del libro. Un equilibrio e una consapevolezza che ho acquisito anche grazie alle soggettività femministe che ho attraversato, e in cui si mette in discussione questa forza che è il prodotto di una società patriarcale. In quanto donne, non siamo (e non dobbiamo) essere perfette, non siamo difettate se ci mostriamo vulnerabili, non siamo una rappresentazione. Mostrare la mia fragilità in questo libro è stato un atto dimostrativo. Per di più, per me che ho origini in una terra “di provincia”, in cui esistono moltissimi tabù sulle donne, sul loro lavoro, sul loro modo di affermarsi, sulla loro sessualità. Una terra da cui sono fuggita e a cui sono tornata, con un bagaglio di esperienze multiformi che si è rivelato spesso problematico, soprattutto quando si ha intenzione di avere una voce, che non sarà mai considerata autorevole quanto quella di un uomo ed è molto più attaccabile. Dal mio punto di vista, pertanto, la scrittura è stata un esempio concreto, una leva con cui bloccare questo meccanismo tossico e anacronistico, un modo per essere portatrice di un femminile che mi corrispondesse, senza subire sopraffazioni sessiste. Possiamo avere una voce potente restando quello che siamo.
Che cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2024?
Non mi aspetto nulla. Preferisco vivere ogni esperienza per come mi si presenta, cercando di coglierne ogni sfumatura, di attraversarla appieno, di farne occasione di crescita.