Autore: Fabiola Grosso
Opera: “Se è amore non brucia”
Ci presenti il suo libro.
Questo libro narra la storia di una violenza al contrario. E’ una tragedia che rompe la narrazione dominante degli ultimi tempi, che vede la donna nei panni della vittima e l’uomo in quelli del carnefice. Questa vicenda ci racconta che la violenza non ha genere, e che non esistono vittime di serie A o di serie B. William Pezzulo, il protagonista dell’opera, ha solo 26 anni quando una secchiata di acido in pieno volto rompe per sempre la spensieratezza della sua giovane vita. Il killer o meglio, LA killer, è la sua ex che, non rassegnandosi alla fine della loro storia, decide di sfigurare le bellezza di William: “O mio o di nessun’altra”. Il libro, oltre ad attraversare tutto il dolore del suo protagonista, cerca di tratteggiare i contorni di una Giustizia che, in questo caso, è arrivata in maniera sbagliata, senza punire adeguatamente il colpevole e lasciando la vittima nella sua solitudine.
Ci regali un breve stralcio dell’opera, una parte che per lei è particolarmente significativa.
E’ una parte pr me significativa ma al contempo intrisa di dolore:
Eccone uno stralcio:
“Piano piano, cominciarono a fare capolino i cani neri della depressione. Inizialmente ti camminano intorno, ti osservano, ti studiano, ti tengono a debita distanza per poi azzannarti di colpo il polpaccio fino a prenderti l’intera gamba. Fino a quel momento, Wil- liam ha lottato contro ogni speranza. Ha mostrato un attaccamento alla vita fuori dal comune, è straor- dinariamente sopravvissuto a qualsiasi evento letale: dalla sprangata in testa, alla secchiata di acido, fino all’arresto cardiaco. Tuttavia, quei maledetti cani neri sono prepotentemente entrati in lui fino a divorargli l’anima, e infondendogli pensieri di morte.
«Appena esco di qui mi ammazzo», dice una mat- tina al padre.
È passato un mese dal suo ricovero al “Villa Scassi”. Trenta interminabili giorni. È incredibile quanto il tempo possa trascorrere lentamente. Tra un innesto e l’altro, cucitura dopo cucitura, William ha speri- mentato la forza magnetica dell’istinto di sopravvi- venza. Ha speso ogni fibra del suo essere per rimanere aggrappato alla vita, sottoponendosi con coraggio e dignità a ben dieci interventi chirurgici, in anestesia totale. Ogni nuovo intervento di innesto rappresenta una sfida dall’esito potenzialmente fatale:
«Il rischio c’è», ripetono i medici a Fiorella.
Invece, puntualmente, William esce vittorioso dalla sala operatoria, pronto per affrontare l’or- mai noto calvario della convalescenza. Terminato l’effetto dell’anestesia, il dolore raggiunge l’apice. Le graffette chirurgiche con le quali la pelle sana è stata cucita sulla parte lesionata dall’acido tirano e bruciano come pezzi di carta in un falò. Allora si rende necessaria la somministrazione di morfina, a volte anche chetamina, che se da un lato annulla ogni dolore, dall’altro stordisce. William cede alla seduzione del sonno indotto dai medicinali per poi risvegliarsi il giorno successivo, un po’ stordito ma meno dolorante.
Quella stanza d’ospedale bianca e sterile, che lo separa dal mondo esterno, diventa per lui un rifugio nel quale combattere la propria silenziosa e solita- ria battaglia. Lì, all’interno di quelle quattro mura asettiche, dentro cui non esiste più la scansione ordi- naria del tempo, ma la notte è uguale al giorno e le domeniche ai lunedì, William comincia a fare i conti con sé stesso e con ciò che resta della propria vita. Ricorda molto bene il patto che fece con il primario il giorno del suo ingresso, adesso però si chiede: Ma a quale prezzo? Il suo corpo somiglia sempre di più a un puzzle composto da mille minuscoli pezzi inca- strati tra loro. Tagliato e incollato, pezzo dopo pezzo, nel disperato tentativo di sistemare lo scempio che
Sofia e il suo complice hanno fatto di lui. È diven- tato carne da macello, senza nessun futuro ma con un solo e unico ingombrante presente. Ha senso rimanere attaccati a questa forma di vita primitiva che si riduce semplicemente a un cuore pulsante? Sarebbe forse meglio lasciarsi andare per sempre con l’ennesima anestesia…
Il silenzio della notte è il momento peggiore per fare i conti con sé stesso. Quel silenzio maledetto che avvolge l’intero ospedale è più penetrante delle urla più acute. L’immobilità alla quale è costretto per via delle fasciature è più tormentata di uno sfogo dispe- rato. In posizione supina, impossibilitato in qualsiasi movimento, non gli resta altro da fare se non guardare il soffitto torturandosi con la solita e unica domanda, sempre la stessa: Perché proprio a me?
C’è un aneddoto particolare che l’ha spinta a scrivere questo libro?
Non c’è un aneddoto nello specifico, ma vi è in generale la consapevolezza che vi era un uomo, William, lasciato a soffrire da solo: contrariamente a quanto accade per le vittime di sesso femminile, William è stato abbandonato dallo Stato, dall’opinione pubblica e dalla stampa. Nessun giornalista ha voluto mai attenzionare la sua storia, nessuna televisione del dolore ha mai voluto approfondire la sua vicenda: forse perché un uomo non può soffrire e una donna non può colpire?
Che cosa si aspetta dalla partecipazione a Casa Sanremo Writers 2024?
Ciò che mi aspetto da Casa Sanremo Writers è che si apra uno stimolo a riflettere sul concetto di “vittima”. Mi aspetto che la divulgazione di questa storia porti le coscenze a riflettere su ciò che è la violenza e di quanto possa essere pericoloso catalogare le vittime (e i colpevoli) in base al genere di appartenenza. Bisognerebbe accendere i riflettori su un fenomeno che invece oggi viene oscurato.