Autore: Emanuela Sica
Titolo dell’opera: Memorie di una Janara – Delta Tre Edizioni, 2024
- Ci presenti il libro, utilizzando solo tre aggettivi per descriverlo…
Indagatore, “vero e magico” al tempo stesso.
- Da dove ha tratto l’ispirazione per la stesura di questo libro? C’è un aneddoto o una storia particolare che l’hanno spinta a scriverlo?
Da piccolina mia nonna mi raccontava, il più delle volte seduta dinanzi al fuoco, storie antiche che si tramandavano da generazione in generazione. Tra tutte mi colpì la storia della “Gatta Janara” e da lì, forse per una scelta del destino o per una serie di dubbi che sentii impellenti, iniziai ad appassionarmi a questa figura. Fu durante la maturità, però, che mi ritrovai ad approfondire miti e leggende popolari che accompagnavano la figura della janara, della strega, tra realtà, finzioni, preconcetti e bugie patriarcali. Volevo capire o probabilmente scoprire chi fosse la “donna” che si celava dietro tutto questo. Poi quando scrissi l’Antologia sulla Violenza di Genere “Rosso Vdg” e mi addentrai nel periodo storico della caccia alle streghe, compresi che avrei dovuto dare il mio contributo in memoria di ogni donna bruciata sul rogo…mi sentivo di far parte – emotivamente e come donna – di quel mondo deriso, offeso, umiliato, martoriato, violentato, arso vivo, quel mondo fatto di persone che non ebbero mai voce, giustizia. Ecco, io ho provato a dare voce ad una di loro per dare voce a tutte.
- Perché i lettori dovrebbero leggere il suo libro?
Per scoprire una figura nuova, reale e magica insieme, di cui, nei secoli, ci è stata mostrato un lato oscuro, negativo, cattivo, pauroso, demoniaco ma che in realtà era solo un cappotto di pece e d’ignoranza creato ad hoc dalla paura, dai preconcetti, da chi voleva uccidere la libertà delle donne e farle restare nel perimetro della sottomissione, del patriarcato più asfissiante che non le voleva “consapevoli della propria dignità (di essere umano), della propria forza, dei propri diritti naturali né, tanto meno, le voleva emancipate. E’ altresì un libro che lascia “volutamente” chiuse delle porte che saranno disvelate, aperte, solo leggendo e indagando oltre il testo stesso…
- Quando si scrive, si ha in mente sempre di arrivare a un destinatario specifico. A chi desidererebbe che arrivasse questo libro? A una persona in particolare, o a una platea più ampia?
Nel libro è insito un messaggio universale che non svelo, ma vorrei arrivasse a tutti. Per questo ho scritto in maniera da proporre una tripla modalità di approccio o lettura: è un romanzo “semplice” per la platea dei più giovani (tra cui i mei figli Ginevra e Michele che sono anche i protagonisti del romanzo); un poema più “complicato” per la maturità; un racconto vernacolare, d’altri tempi dico io, anche “simpatico” per le generazioni più avanti con gli anni, quelle che, come mia nonna, chiamo “sagge”. Preso nella sua totalità è un libro che invita a riflettere e a interrogarsi. Non pretendo certo di dare risposte, quanto di sollevare degli interrogativi. Quando la storia si mischia alla fantasia e, a questa, si aggiunge il proprio sentire, il risultato sarà sempre e decisamente soggettivo.